Il complesso delle torbiere e paludi di Danta rappresenta un insieme
di biotopi, spesso tra loro completamente distinti a livello fisico e topografico
ma in qualche modo correlati sia dal fatto di situarsi nel medesimo comune
che per le similitudini dei loro valori naturalistici. In origine, pur escludendo
subito il lago Cestella (con la torbiera limitrofa, località molto
importante in cui è segnalata Rhynchospora alba e ancor oggi
vegeta un'estesa comunità a Schoenus ferrugineus) che ha una
sua peculiarità, e anche trascurando altri biotopi quali il lago
di S.Anna e le Ciamore, localizzati sul versante comeliano interno in comune
di Comèlico Superiore, erano sei le aree torbose individuate negli
studi preliminari del PTP e inserite anche nel PRG di Danta. In questa fase,
motivi di ordine pratico relativi ai tempi a disposizione hanno indotto
a concentrare l'attenzione sui tre siti riconosciuti di maggior valore ambientale:
Val da Ciampo (distinta nei due settori, rispettivamente a monte e a valle
della strada), Val Mauria e Cercenà.
Dall'elenco delle specie inserite in lista rossa si evince subito la
straordinaria importanza naturalistica e solo la zona di Coltrondo può
essere considerata dello stesso livello. Sorprende che pur trattandosi di
biotopi il cui accesso non è particolarmente problematico non siano
stati notati prima. La letteratura scientifica infatti, per quanto ci risulta,
non fornisce alcuna informazione e mancano quindi notizie storiche sull'evoluzione
di queste torbiere.
La contemporanea presenza di Drosèra
intermedia e Rhynchospora alba, associata alle altre drosere
ed alle entità comunque rare e fitogeograficamente importanti, rappresenta
l'elemento di maggior valore assoluto. Da sottolineare inoltre la grande
diffusione (solo qui così abbondante) di una specie che già
Pignatti nella sua flora (PIGNATTI S., 1982) definisce rarissima pur senza
indicare l'effettiva distribuzione, cioè Schoenus ferrugineus.
Le situazioni ecologiche dei tre biotopi sono distinte e saranno quindi
esaminate separatamente.
La Val da Ciampo, tipica torbiera soligena, è un larga depressione,
situata a quote montane (circa 1350-1400 m) e interrotta da una strada,
quella che conduce all'abitato di Danta, che la attraversa. La diretta alimentazione
della falda tramite deflusso d'acqua proveniente da suolo minerale determina
condizioni idrochimiche e vegetazionali di torbiera bassa. Nella parte alta,
a monte della strada, si osserva un mosaico di comunità vegetali
nelle quali la penetrazione di Phragmites, talvolta in forma ancora
sterile, assume una dominanza paesaggistica (almeno quando l'osservazione
avviene da un punto esterno) che non corrisponde per nulla alle caratteristiche
della comunità vegetale in cui si sta insediando. La presenza, così
massiccia ed invasiva, della comune canna di palude, ha sicuramente favorito
la mineralizzazione e l'apporto di nutrienti. È questa una problematica
emergente per la conservazione di quest'area in quanto si va progressivamente
sostituendo al ben più significativo Schoenus ferrugineus.
Le ragioni di un tale sviluppo possono essere al momento solo ipotizzate,
in mancanza di indagini più approfondite. Una prima causa potrebbe
essere imputabile alla cessazione dello sfalcio che in una certa misura
teneva sotto controllo la canna, in particolare nelle aree più favorevoli
alla diffusione della stessa. Una seconda causa potrebbe essere correlata
all'azione di drenaggio causata da un canale di scolo artificiale che, abbassando
il livello di falda, potrebbe avere aumentato l'ossigenazione degli strati
torbosi superficiali, indirettamente favorendo un rilascio di nutrienti
per aumentata mineralizzazione.
Si ha notizia che per la salvaguardia di biotopi simili, in altre regioni
dell'arco alpino, siano stati attivati programmi LIFE per studiare il modo
di contenere l'invasione della canna di palude. Non mancano mai comunità
riconducibili ai vari aspetti del Drepanoclado-Trichophoretum che
si alternano allo Schoenetum ferruginei, che differisce solo per
le specie dominanti e per la sua capacità di tollerare una maggior
relativa aridità, almeno stagionale e segnalata anche dal progressivo
ingresso di Pinus
sylvestris. Il livello della falda, con le sue variazioni stagionali,
è presumibilmente il fattore ecologico più importante nel
determinare la distribuzione spaziale dei popolamenti. La componente muscinale,
seppur presente, ha coperture nel complesso limitate a causa della densa
copertura delle specie vascolari.
Sui versanti più asciutti è ben rappresentato il classico
Molinietum, in facies a Scorzonera humilis di buon pregio
ambientale. Il pascolo, oggi trascurabile, ha lasciato le sue tracce (esempio
zone a Veratrum) senza peraltro snaturare in modo definitivo le caratteristiche
del sito torboso. Ciò vale anche per altri modesti insediamenti,
nella parte più orientale rispetto all'impluvio, di cui si è
conservata traccia. Lungo il canale principale che attraversa la valle sono
stati a suo tempo effettuati drenaggi che hanno approfondito il solco modificando
la disposizione originaria delle cenosi. Resta una piccola comunità
a Carex lasiocarpa, quasi nascosta dal canneto. Nuclei di salici
evidenziano inoltre che le condizioni ecologiche sono variabili nel tempo
e la topografia di dettaglio non spiega da sola la distribuzione attuale
delle comunità. Nella parte più prossima alla strada vegetano
comunità dei prati umidi che risentono anche della forte antropizzazione.
Se la parte situata a monte della strada è quella esteticamente più
apprezzabile e meglio visibile, quella di maggiore interesse naturalistico
e scientifico è invece localizzata a valle e, per fortuna, meno visibile.
Mentre a monte le caratteristiche sono quelle di una torbiera bassa soligena
soggetta a scorrimento superficiale, nel pianoro più basso, prima
del bosco in contropendenza, si realizzano le condizioni per la formazione
di una torbiera intermedia, con numerose comunità a sfagni. Qui la
morfologia pianeggiante induce a pensare ad una torbiera topogena. L'apporto
d'acqua ricca di soluti dai versanti circostanti determina infatti il prevalere
di condizioni di torbiera bassa. Lungo il margine, in corrispondenza di
un ruscellamento, si può osservare lo sviluppo di una comunità
igrofila a Carex lasiocarpa che, tipicamente, tende a localizzarsi
nelle aree più minerotrofiche ed umide.
Tra i muschi risultano dominanti, qui come altrove, Campylium stellatum
e Drepanocladus revolvens.
Una zona a piccoli cumuli, più oligotrofica (ancora in attiva
evoluzione e segno di un possibile graduale passaggio verso condizioni ombrotrofiche)
ospita Andromeda polifolia Eriophorum
vaginatum, Drosera rotundifolia
e Vaccinium microcarpum,
sviluppati su cumuli di sfagni in cui risultano dominanti: Sphagnum capillifolium,
S. magellanicum e S. angustifolium.
La zona scientificamente più rilevante è quella costituita
da una rete di piccole ma suggestive pozze che consente lo sviluppo di interessanti
frammenti con Scorpidio-Utricularietum minoris, Rhynchosporetum
albae, Caricetum limosae, oltre all'immancabile presenza di Carex
rostrata. È in queste pozze che oltre alla Drosera longifolia,
davvero abbondante, è possibile osservare anche la ben più
rara Drosera intermedia.
L'ambiente in cui sono inseriti i biotopi torbosi è caratterizzato
da un fertile bosco misto a prevalenza di abete bianco (abieteto montano
dei suoli mesici), solo localmente più acidificato in corrispondenza
di affioramenti più marcatamente silicatici o a seguito di precedenti
interventi. Interessante anche all'interno del bosco la presenza di nuclei
caratterizzati da fenomeni di ruscellamento superficiale che determinano
una insolita presenza di entità riferibili alle comunità del
Caricion davallianae.
La torbiera di Palù Mauria si estende in direzione NNE, proprio
di fronte all'abitato di Danta. Si presenta come una depressione naturale
a est della strada che conduce nella zona di Piedo. Vicino alla casèra
dalla quale vi si accede, si notano comunità nitrofile rigogliose
a Filipendula ulmaria, Crepis paludosa e a Cirsium heterophyllum.
Molto abbondante è Equisetum sylvaticum (come nei boschi umidi
del comprensorio). Rapidamente si raggiunge il settore meno disturbato e
di maggiore interesse (sul lato opposto, invece, si notano solchi di drenaggio
e residui di interventi di esbosco che hanno modificato l'assetto originario).
Oltre alle comunità dominate da Carex rostrata, o da Menyanthes,
si apprezzano in particolare le pozze con Carex limosa, Rhynchospora
alba, Drosera longifolia, Utricularia
minor. In ambiente relativamente più asciutto si sviluppano
anche piccole comunità a Carex dioica. Molto spettacolare
è anche l'aspetto a Trichophorum
alpinum, sempre associato a sfagni, (in particolare sono estesi
qui i tappeti a Sphagnum subsecundum, Sphagnum flexuosum, S. warnstorfii),
Trichophorum caespitosum e Schoenus ferrugineus, oltre agli
eriofori. Si tratta quindi di torbiera bassa soligena in pendio. Non mancano
cumuli di sfagni in ambiente molto acido con Carex
pauciflora, Calluna e Vaccinium. Più a valle,
superato il bosco e poco visibile, compare un aspetto molto più povero
a livello floristico ma assai curioso a livello paesaggistico. Non capita
spesso infatti di osservare, nei nostri ambienti montani, estesi canneti (certo derivanti da progressiva
eutrofizzazione) anche su pendio. Nel complesso, al di là delle singole
presenze floristiche e dell'intrinseco valore vegetazionale, si tratta di
un'estesa area con apprezzabili caratteristiche di wilderness.
A Cercenà (m 1315), il pianoro torboso si estende per circa 4
ha e il sito può essere definito come una torbiera topogena in cui
prevalgono aspetti di torbiera intermedia. L'aspetto più caratteristico,
tuttavia, è quello rappresentato dal Pino mugo-Sphagnetum, (che
solo per ragioni di priorità nomenclaturali è definito come
Pinetum rotundatae,
un termine che non rende giustizia e di più difficile comprensione)
qui abbastanza ben conservato anche se non ancora molto denso. La presenza
di Sphagnum fuscum indica situazioni più avanzate, cioè
cumuli più acidi e asciutti.
Come in tutta la zona di Danta va rilevata la forte concorrenzialità
del pino silvestre che contende all'abete rosso, l'ingresso nelle aree libere
da vegetazione arborea. Sui cumuli sono sempre abbondanti, con gli immancabili
Calluna e Vaccinium, l'Eriophorum vaginatum e la Carex
pauciflora. Nelle depressioni, assieme ad Andromeda polifolia
e Vaccinium microcarpum (presenti anche sui piccoli cumuli), da segnalare
ancora la rara Rhynchospora alba e un nucleo a Carex lasiocarpa.
Nel tricoforeto (su tappeti di Sphagnum magellanicum, S. capillifolium,
S. angustifolium e anche S.
fallax) è diffusa, qui, la sola Drosera rotundifolia,
mentre come altrove non mancano consorzi a Carex fusca e a Carex
rostrata.
Di pregio è anche l'habitat forestale (evidenti le tracce lasciate
da coloro che vi si recano per approvvigionarsi di legna). Da segnalare,
in particolare, oltre al tipico abieteto, anche un nucleo di pecceta a sfagni.
Le zone forestali, in cui l'abete bianco è specie guida e spesso
dominante, inserite tra i biotopi torbosi e ai loro margini, evidenziano
quasi sempre apprezzabili livelli di fertilità, testimoniati da una
notevole facilità di rinnovazione e dal bel portamento delle fustaie.
Si tratta di suoli maturi e talvolta profondi, spesso acidificati sia per
la natura del substrato (le arenarie di Val Gardena, dotate di ottima potenzialità
pedogenetica, danno reazione acida) che per le caratteristiche climatiche
e topografiche. Solo in corrispondenza degli affioramenti della formazione
gessosa a Bellerophon, i suoli sono più drenanti e si sviluppano
formazioni meno fertili, spesso con pino silvestre.
Indicazioni gestionali
Tra le iniziative più semplici da attuare (ma di rilevante valore)
si segnala l'opportunità di individuare un quadrato permanente in
modo da poter controllare e valutare nel tempo le caratteristiche di ingresso
della Phragmites e quindi le variazioni dei fattori ecologici. Uno
sfalcio regolare (ipotesi da verificare sulla base di esperienze in parte
già acquisite) potrebbe contribuire a rallentare in modo significativo
l'invadenza della canna. Nella parte alta di Val da Ciampo si dovrebbe
provvedere alla rimozione di alcuni oggetti estranei all'ambiente naturale,
mentre sul lato orientale vi sono manufatti residui che sarebbe preferibile
rimuovere. Un certo disturbo, forse non solo paesistico, è legato
all'elettrodotto che attraversa longitudinalmente l'intera torbiera. È
verosimile che lungo la strada si provveda, nella stagione invernale, a
favorire lo scioglimento del ghiaccio ricorrendo al sale. Considerata l'estrema
delicatezza dei popolamenti a valle, si dovrebbero studiare sistemi per
evitare che il percolato finisca nella zona più oligotrofica. Data
l'importanza della gestione selvicolturale (i boschi dei dintorni sono
certamente belli ma anche produttivi), si dovrebbero raccomandare speciali
cautele in fase di esbosco per evitare danneggiamenti a carico dei cumuli
di sfagni e delle comunità torbicole più pregiate.
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